Descrizione foto allegate (Pepe Valentino)

Le immagini che ho postato riguardano lo sport nell’antica Roma.La prima fotografia rappresenta un corridore,la seconda foto rappresenta un atleta che sta per eseguire il lancio del disco,mentre le ultime due figure rappresentano una tipica scena delle corse dei cavalli.Le seguenti immagini sono tratte in parte dal sito del museo archeologico di Napoli e in parte dal seguente indirizzo (www.flickr.com).

Visiting Museum

Le danzatrici ercolanensi – Ercolano’s Dancers ( http://www.flickr.com/people/peterstewart/AttribuzioneNon commercialeAlcuni diritti riservati a Tintern)

Scheduled from today: Visiting Museums

Step 1) Take a look at the Archeological Museum in Neaples (virtually)

Step 2) Ask friends of other nations about their archeological museums

Atleti – Runner (from Papiri House in Pompei ( http://www.flickr.com/people/giuliaester/AttribuzioneNon commercialeAlcuni diritti riservatigiulia ester marinari )

Sport nell’antica Roma

Sport nell’ antica Roma

La concezione dello sport nell’antica Roma era completamente diversa rispetto a quella della civiltà ellenica, la prima più legata allo spettacolo e al divertimento, la seconda invece alla spiritualità e alla gloria dell’atleta. Innanzitutto i Romani non tolleravano la nudità degli atleti greci e ritenevano le loro esibizioni prive di finalità pratiche, come l’addestramento militare. Inoltre lo sport presso i Romani veniva interpretato in forma cruenta e spettacolare; questo si evince con la famosa espressione “panem et circenses”: il pane e gli spettacoli erano gli elementi che tenevano quieta la “folla” dell’età romana. Se da una parte i poveri chiedevano da mangiare e, quindi, pane, dall’altra gli spettacoli, quali feste, giochi, celebrazioni, servivano a vincere la noia del popolo e a soffocare eventuali rivolte contro l’Impero.In generale con il termine ludi vengono indicate le differenti competizioni sportive praticate nell’antica Roma. C’erano i ludi gladiatorii, i ludi circenses, i ludi scenici, i ludi Troiani e i ludi delle naumachie, accompagnati da altre tipologie di sport minori.

Ludi gladiatori  :I ludi gladiatorii, detti anche munera (dal latino munus, eris: combattimento, ma anche dono, ricompensa), erano di gran lunga i preferiti e consistevano nel combattimento uomo contro uomo. I combattimenti tra gladiatori erano già diffusi in Grecia, Egitto e Mesopotamia, dove non avevano funzione di spettacolo come a Roma, ma principalmente uno sfondo sacro: durante i funerali di un personaggio illustre o eroico venivano tradizionalmente organizzati scontri tra uomini, che spesso collimavano con il sacrificio umano. Questo rito venne poi tramandato in Italia dagli Etruschi e comparve per la prima volta nell’Urbe intorno al 105 a.C., inizialmente come rituale funerario, poi, con Cesare, tale usanza degenerò e divenne spettacolo. Alla morte dello stesso imperatore, i munera cominciano ad essere praticati negli anfiteatri (dal greco “amphithéatron!, da amphí, intorno, da ambedue le parti e théatron, teatro), un vasto edificio dalla pianta circolare, il cui esempio più valido è il Colosseo, detto anche anfiteatro flavio. In epoca romana i gladiatori venivano reclutati tra i condannati a morte o tra i prigionieri di guerra resi schiavi, come Spartaco (il quale attuò una rivolta di gladiatori tra il 73 e il 71 a.C.). In seguito partecipavano ai munera anche uomini liberi che facevano i gladiatori per professione; il loro scopo era il guadagno. Pur tuttavia si ricorda che la vita di un gladiatore, in media, non durava più di cinque anni. Ogni combattente veniva addestrato in alcune scuole speciali e dormiva in una cella sorvegliata da guardie. Si dedicava particolare attenzione alla loro efficienza fisica e alla loro alimentazione, basata su vegetali, carne e altri cibi, in prevalenza molto vitaminici; riguardo a questo, Seneca scrisse: “Mangiano e devono ciò che poi dovranno restituire col sangue”. Il combattimento si svolgeva secondo precise consuetudini. Dopo un corteo accompagnato dai suoni di vari strumenti, come la tromba, e dopo aver rivolto il tradizionale saluto all’imperatore che spesso presiedeva gli spettacoli (Ave imperator, morituri te salutant, che vuol dire “Salve imperatore, coloro che si apprestano alla morte ti salutano”) i gladiatori scendevano nell’arena ed iniziavano il combattimento. Lo scontro avveniva tra gladiatori dotati delle stesse armi o, in alcuni casi, di armi differenti l’uno dall’altro, per rendere lo spettacolo coinvolgente e il suo esito stesso più incerto. Potevano combattere con la spada corta (il gladio, da cui presero il nome) o con una rete ed un tridente (in tal caso erano detti reziari), ma non si escludevano altre tipologie di armi e modalità di scontro, alcune volte piuttosto fantasiose. Alla fine dello scontro, il gladiatore sconfitto cedeva le armi e chiedeva la grazia al popolo-spettatore, sollevando la mano sinistra. Se tutti agitavano un fazzoletto o rivolgevano il pollice della mano all’insù, gridando “missum” (libero), la grazia era accordata. Ma qualora gli spettatori mostravano il pollice all’ingiù, veniva decretata la morte del combattente sconfitto, che offriva la sua gola alla spada del vincitore. I cadaveri erano portati via da degli incaricati in costume, uno vestito da Caronte e l’altro da Mercurio Psicopompo (voce greca: psychopompós, guida delle anime, epiteto specialmente di Ermete e di Caronte, ma anche di altre divinità, con particolare riferimento al loro compito di guida delle anime dei morti all’oltretomba) che verificavano l’effettiva morte e, se era il caso, davano il colpo di grazia. Il gladiatore schiavo poteva essere affrancato, ossia liberato, solo in seguito a dieci vittorie, le quali venivano segnalate su un collare di metallo. Non tanto diffusi erano anche i combattimenti tra donne che, essendo piuttosto rari ed inusuali, scaturivano un particolare coinvolgimento da parte del pubblico. Cicerone, pur non approvando i combattimenti tra gladiatori, attribuiva loro un forte valore educativo per la sopportazione del dolore, mentre Seneca senz’altro li condannò e il cristianesimo vi si oppose decisamente ritenendoli spettacoli sanguinari e disumani. Proibiti da Costantino I nella parte orientale dell’Impero Impero nel 325, i ludi gladiatori vennero definitivamente soppressi da Onorio nel 404.

Venationes  :Altre modalità di combattimento adibiti a spettacolo erano le venationes, in cui uomini variamente armati affrontavano belve di diverso genere: tigri, pantere, leoni, orsi, tori, bufali e persino elefanti. In tali occasioni, però, al combattente non veniva sempre concessa la possibilità di difendersi: a volte poteva capitare che malfattori e condannati a morte venivano pubblicamente gettati in pasto alle fiere (latino: ad fieras”). Un episodio del genere accadde proprio in occasione dell’inaugurazione del Colosseo: per rievocare il mito di Lareolus, che, dopo aver compiuto innumerevoli delitti, subì il supplizio della “crux”, un uomo venne realmente crocifisso e contro di lui fu mandato un orso che lo dilaniò in modo tale che “delle sue membra non si scorgeva più sembianza umana”. Altri esempi di giochi violenti erano il pugilato e la lotta e, in particolare, il pancrazio ( nome di origine greca: pancration, tutta forza, da “pas“, tutto, e “cratos“, forza). Si trattava di una gara atletica consistente in un combattimento misto di lotta e pugilato, in cui i contendenti si affrontavano a pugni nudi, senza cesto, su un terreno molle e sdrucciolevole. Era una sfida senza esclusione di colpi, il cui unico divieto era quello di mordersi.

Ludi circenses  :C’erano anche i cosiddetti ludi circenses, corse di cavalli o carri che avvenivano nel circo. I circhi furono numerosi a Roma: il più antico era il Circo Massimo, che misurava 670 × 215 m e in epoca imperiale poteva contenere fino a 385.000 persone. Altri erano il Circo Flaminio, il circo di Gaio (Caligola), il circo di Massenzio. Nelle province, i Romani ne costruirono in quasi tutte le città più importanti. Presentavano tutti la stessa pianta: la pista (arena) era divisa nel senso della lunghezza da un basamento (spina), ornato di statue, obelischi e fontane, ed era contornata dalla cavea con la loggia imperiale. Attorno alla spina correvano i carri, tirati da due, da quattro o anche da più cavalli, e compivano sette giri completi. In questi spettacoli era frequente che la gente scommettesse sui vari colori che contraddistinguevano le fazioni sfidanti.

Ludi Troiani  :I ludi Troiani erano attività riservate ai figli dei nobili, che esercitavano attività equestre basate sullo scontro a cavallo. Avevano spade in legno ma non era previsto uno scontro cruento. I nobili gareggiavano tra loro per dimostrare il loro coraggio e il loro valore nel gestire e nel domare il cavallo.

Ludi scenici :I ludi scenici erano rappresentazioni teatrali in cui si raccontavano miti e storie legate agli Dei oppure battaglie nelle quali i Romani erano stati vittoriosi. Il concetto di verosimilità era molto importante: spesso, infatti, si facevano recitare schiavi che, durante la riproduzione, venivano realmente uccisi. Venivano eseguiti anche molte danze e balletti.

Ludi delle naumachie :I ludi delle naumachie erano simulazioni di combattimenti navali con cui i Romani avevano sconfitto i popoli avversari. Venivano realizzati in specchi d’acqua naturali, come fiumi o laghi, o in appositi bacini progettati da ingegneri. Le navi non erano veri e propri galeoni, ma piccole imbarcazioni come triremi e quadriremi. Spesso gli schiavi venivano utilizzati per mettere in scena le battaglie e veniva dato loro il ruolo dei perdenti e non solo morivano nel “copione”, ma anche nella realtà.

Sport minori e giochi : Era pratica comune anche la ginnastica nelle palestre annesse alle terme. La palestra era solitamente circondata da portici, aveva stanze adibite a bagni, spogliatoi, esedre con sedili. In seguito la sua funzione si estese e divenne sede di conversazioni e di scuola. Nelle terme i Romani erano soliti fare anche giochi con la palla che impegnavano il corpo in un salutare sforzo fisico. Si giocava a palla in locali appositi (sphaeristeria) per favorire la traspirazione e apprezzare poi ancor più gli effetti ristoratori del bagno. La palla era fatta con pelli di animali disseccate e riempite di lana o piume e anche, ma in modo assai rudimentale, d’aria. Tra i bambini erano diffusi giochi di origine grecoromana come il ludus latrunculorum (italiano: “gioco dei ladruncoli”) e il Ludus duodecim scriptorum (italiano: “gioco dei dodici scrittori”), o il gioco dei dadi, degli astragali, delle biglie, delle bambole, della morra e il gioco del follis, uno dei più antichi che richiedevano l’utilizzo di una palla. A Roma, le gare atletiche vennero in auge soltanto negli ultimi due secoli della Repubblica, ma i migliori atleti professionisti furono ancora in gran parte greci o asiatici. Nel 393, alla loro 294ª edizione, l’imperatore Teodosio il Grande proibì la celebrazione dei giochi olimpici, che non ebbero mai la stesse grandezza come invece avvenne nella civiltà greca.

Svaghi nell’antica Roma

Agoni

Agoni

 

Ludi

Ludi · Ludi capitolini · Ludi Romani · Ludi Saeculares · Ludi Triumphales

Circo

Circo (antica Roma) · Corsa dei carri

Giochi da tavola

Gioco delle fossette · Latrunculi · Ludus duodecim scriptorum · Terni lapilli

Giochi gladiatorii

Andabata · Anfiteatro · Bestiarius · Bustuarius · Dimachaerus · Essedarius · Eques · Giochi inaugurali dell’anfiteatro Flavio · Gladiatore · Gladiatrice · Hoplomachus · Lanista · Laquearius · Mirmillone · Munera · Naumachia · Paegniarius · Pontarius · Provocator · Reziario · Sagittarius · Sannita · Scissor · Secutor · Trace · Veles · Venationes

Teatro

Teatri di Roma · Teatro latino

 

 

Sport nel colosseo

Il Colosseo ospitava i giochi dell’anfiteatro, che comprendevano: lotte tra animali (venationes), l’uccisione di condannati da parte di animali feroci o altri tipi di esecuzioni (noxii), e i combattimenti tra gladiatori (munera). Per l’inaugurazione dell’edificio, l’imperatore Tito diede dei giochi che durarono tre mesi, durante i quali morirono circa 2.000 gladiatori e 9.000 animali. Per celebrare il trionfo di Traiano sui Daci vi combatterono 10.000 gladiatori. Gli ultimi combattimenti tra gladiatori sono testimoniati nel 437, ma l’anfiteatro fu ancora utilizzato per le venationes (uccisione di animali) fino al regno di Teodorico il Grande: le ultime vennero organizzate nel 519, in occasione del consolato di Eutarico (genero di Teodorico), e nel 523, per il consolato di Anicio Massimo. I giochi inaugurali dell’anfiteatro Flavio si tennero nell’80, per volere dell’imperatore romano Tito, al fine di celebrare il completamento del Colosseo, ai tempi noto come Anfiteatro Flavio (latino: Amphitheatrum Flavium). Vespasiano ne iniziò la costruzione attorno al 70, ma i lavori vennero completati da suo figlio Tito poco dopo la sua morte avvenuta nel 79. Sono rimaste poche prove documentate della natura di questi giochi. Sembra che abbiano seguito lo schema dei ludi romani: spettacoli con animali al mattino, seguiti dalle esecuzioni dei criminali verso mezzogiorno, e al pomeriggio combattimenti di gladiatori e la riproposizione di famose battaglie. I giochi con gli animali, provenienti da tutto l’impero romano, comprendevano strane cacce e lotte tra specie diverse. Gli animali giocavano anche un ruolo importante in alcune esecuzioni che fungevano da rievocazione di miti ed eventi storici. Anche le battaglie navali facevano parte degli spettacoli, ma il fatto che venissero tenute nell’anfiteatro piuttosto che su un lago fatto costruire da Augusto è ancora oggetto di dibattito tra gli storici.

Gli sport nell’antica Roma

Gruppo arte 2 (Valentino Pepe,Laus Francesco,Giampaolo Sabato,Raffaele Di Lucchio,Filomena Recine)

Il nostro gruppo sta lavorando sul tema degli sport nell’antica Roma.Andremo ad analizzare immagini e bassorilievi in campo artistico, oltre ad una ricerca sugli sport dell’epoca.

Antica Roma

La concezione dello sport nell’antica Roma era completamente diversa rispetto a quella della civiltà ellenica*, la prima più legata allo spettacolo e al divertimento, la seconda invece alla spiritualità e alla gloria dell’atleta. Innanzitutto i Romani non tolleravano la nudità degli atleti greci e ritenevano le loro esibizioni prive di finalità pratiche, come l’addestramento militare. Inoltre lo sport presso i Romani veniva interpretato in forma cruenta e spettacolare; questo si evince con la famosa espressione “panem et circenses“: il pane e gli spettacoli erano gli elementi che tenevano quieta la “folla” dell’età romana. Se da una parte i poveri chiedevano da mangiare e, quindi, pane, dall’altra gli spettacoli, quali feste, giochi, celebrazioni, servivano a vincere la noia del popolo e a soffocare eventuali rivolte contro l’Impero.

In generale con il termine ludi vengono indicate le differenti competizioni sportive praticate nell’antica Roma. C’erano i ludi gladiatorii, i ludi circenses, i ludi scenici, i ludi Troiani e i ludi delle naumachie, accompagnati da altre tipologie di sport minori.

L’attività sportiva non competitiva veniva praticata prevalentemente nell’ambito delle terme come parte fondamentale di quella cultura del benessere che era un pilastro della società romana. Già ai tempi della fondazione della città venivano celebrate feste religiose all’interno delle quali erano previste gare sportive.

Il termine ludi*, che indicava generalmente le competizioni sportive, deriva probabilmente dall’etrusco, come gran parte dell’attività sportiva romana. I ludi erano organizzati dai membri della classe sacerdotale ed alle gare partecipavano i giovani appartenenti alla nobiltà.

La sacralità dell’evento sportivo, carattere comune all’attività dello sport in Grecia, a Roma venne però lentamente sostituita dall’aspetto spettacolare, dal desiderio di intrattenimento collettivo.

Sin dai resoconti più antichi gli sport o giochi praticati a Roma comprendevano anche le specialità olimpiche greche, ma tra queste il favore del pubblico era riservato ai giochi più violenti come il pugilato e la lotta ed in particolare al pancrazio*, una variante del pugilato molto violenta e dalle conseguenze a volte fatali. L’esasperazione della componente violenta della competizione nell’antica Roma è facilmente riscontrabile nel costante successo che ebbero tra la popolazione i combattimenti dei gladiatori, che vennero ben presto utilizzati come stabilizzatori sociali. In questo senso va vista la costruzione in molte città dell’impero di grandi anfiteatri, come il Colosseo.

 

* I ludi gladiatori, detti anche munera (dal latino munus, eris: combattimento, ma anche dono, ricompensa), erano di gran lunga i preferiti e consistevano nel combattimento uomo contro uomo.

* C’erano anche i cosiddetti ludi circenses, corse di cavalli o carri che avvenivano nel circo.

* I ludi Troiani erano attività riservate ai figli dei nobili, che esercitavano attività equestre basate sullo scontro a cavallo. Avevano spade in legno ma non era previsto uno scontro cruento. I nobili gareggiavano tra loro per dimostrare il loro coraggio e il loro valore nel gestire e nel domare il cavallo.

* I ludi scenici erano rappresentazioni teatrali in cui si raccontavano miti e storie legate agli Dei oppure battaglie nelle quali i Romani erano stati vittoriosi.

* I ludi delle naumachie erano simulazioni di combattimenti navali con cui i Romani avevano sconfitto i popoli avversari. Venivano realizzati in specchi d’acqua naturali, come fiumi o laghi, o in appositi bacini progettati da ingegneri.

Sport minori e giochi

Era pratica comune anche la ginnastica nelle palestre annesse alle terme. La palestra era solitamente circondata da portici, aveva stanze adibite a bagni, spogliatoi, esedre con sedili. In seguito la sua funzione si estese e divenne sede di conversazioni e di scuola. Nelle terme i Romani erano soliti fare anche giochi con la palla che impegnavano il corpo in un salutare sforzo fisico. Si giocava a palla in locali appositi (sphaeristeria) per favorire la traspirazione e apprezzare poi ancor più gli effetti ristoratori del bagno. La palla era fatta con pelli di animali disseccate e riempite di lana o piume e anche, ma in modo assai rudimentale, d’aria.

A Roma, le gare atletiche vennero in auge soltanto negli ultimi due secoli della Repubblica, ma i migliori atleti professionisti furono ancora in gran parte greci o asiatici. Nel 393, alla loro 294ª edizione, l’imperatore Teodosio il Grande proibì la celebrazione dei giochi olimpici, che non ebbero mai la stesse grandezza come invece avvenne nella civiltà greca.

Sport antica Roma-oggi

Lo sport nell’arte gruppo arte3sport (Sinisi Michele-Andrea Corbo-Giovanni Archetti-Piergiuseppe Musto-Enzo Vurchio)

Lo sport e l’arte sono stati, specialmente nell’antica Roma, indissolubilmente legati: l’arte è stata l’oggetto del gioco sportivo in alcune sue espressioni come la musica, la poesia, il canto ma soprattutto lo sport, nel senso attuale del termine, è stato la fonte d’ispirazione di molte forme d’arte.
In particolare la scultura ebbe uno sviluppo straordinario, il patrimonio di statue fu davvero impressionante. Nel luogo dei giochi furono erette centinaia di statue e moltissime furono collocate nelle città native dei vincitori.
L’arte ha sempre guardato affascinata il corpo dell’atleta celebrandone i valori ed esaltandone gli istinti e i momenti emotivi come la statua romana del pugile seduto con bende alle mani e gomiti sulle ginocchia, non in combattimento ma, in riflessione.Un altro aspetto importante è sicuramente l’architettura con la creazione degli impianti, degli stadi, delle palestre. Esempio illustre dell’architettura è sicuramente il Colosseo di Roma  un anfiteatro in grado di contenere 50.000 spettatori. ll Colosseo venne costruito con lo specifico scopo di dare a Roma un luogo degno della fama dei suoi giochi dei gladiatori, esprime con chiarezza le concezioni architettoniche e costruttive romane. Dall’architettura dell’antica Roma passiamo a quella moderna, mentre gli anfiteatri erano le attrazioni antiche, oggi la folla è attratta principalmente dagli stadi di calcio dove si raduna per vedere la propria squadra del cuore.

Le differenze tra le due architetture non sono abissali, infatti possiamo considerare gli stadi come un’evoluzione degli anfiteatri romani.

La condizione femminile nella Roma antica

Team 5 (gender) : Di Leo Maria Serena, Limone Sara, Nardozza Anna Pia, Graziano Michele, Bencivenga Domenico

Sulle condizioni di vita delle donne etrusche abbiamo numerosi racconti e descrizioni ad opera del greco Teopompo, che ne sottolinea la grande libertà: curavano il loro corpo, partecipavano ai banchetti insieme agli uomini, bevevano vino, e soprattutto allevavano i figli senza preoccuparsi di sapere chi ne fosse il padre.  Le donne etrusche godevano di una notevole libertà di movimento e di un certo prestigio: non più analfabete ma, anzi, colte, vivevano così con grande dignità e libertà un ruolo che però era sempre esercitato a livello familiare. Anche i severi censori romani erano sgomenti davanti al fatto che le mogli degli aristocratici etruschi partecipassero tranquillamente ai banchetti standosene sdraiate sui letti del triclinio accanto ai loro mariti, spesso acconciate con bionde parrucche. Erano, questi, comportamenti da cortigiane, e nessuna seria matrona romana si sarebbe mai permessa simili libertà. Quando i Romani estesero il loro dominio sulle città etrusche imposero nuovi modelli di comportamento anche alle donne, che i sarcofaghi dell’epoca ci mostrano compostamente sedute ai piedi del letto su cui è disteso il marito. Quindi la società etrusca non sembra essere matriarcale…. pertanto anche se in alcune fonti greche compare la parola “ginecocrazia”,  questa è da intendersi con il significato di matrilinearità e cioè discendenza in linea materna. Un dato molto significativo è rappresentato dall’abitudine, riscontrata nelle iscrizioni tombali, di indicare anche il nome della madre dopo quello del padre.

Nella Roma arcaica il modello femminile era rappresentato da donne come Claudia e Turia, sulle cui lapidi sono incise lodi che ne esaltano la bellezza, la fedeltà e il senso di sottomissione al marito: la donna doveva infatti essere pia, pudica, casta. Tuttavia, alcune donne si dedicavano alle arti e alla letteratura o comunque proponevano un’immagine femminile diversa da quella tradizionale; queste donne facevano una scelta che la coscienza sociale non accettava: la donna diversa era considerata degenerazione, corruzione e pericolo, come possiamo vedere dalla dura repressione dei culti bacchici che furono stroncati nel 186 a.C… Il modello era sempre quello della matrona univira, moglie e madre, che nell’adempimento dei suoi doveri familiari dimenticava se stessa o, meglio, che in questi si realizzava e per sé non chiedeva come ricompensa che la consapevolezza di aver contribuito alla grandezza di Roma. La donna romana non era segregata, come la donna greca, anzi, i romani consideravano onorevole per una donna, un comportamento che i greci non le avrebbero mai consentito: non pensavano che essa dovesse vivere rinchiusa in apposite zone della casa, che non potesse banchettare con gli uomini o uscire liberamente nelle strade. La donna romana insomma non era legata, come la donna greca, a una funzione puramente biologica ma era anche strumento fondamentale di trasmissione di una cultura, il cui perpetuarsi era in misura non trascurabile affidato al suo contributo visto che a differenza di quelle greche, esse educavano personalmente i loro figli. Toccava infatti a loro prepararli a divenire cittadini romani, con tutto l’orgoglio che questo comportava.  E, se lo facevano, erano ricompensate dal tributo di un onore che alla donna greca non veniva mai tributato. Forse la liberalità dei romani verso le loro donne non è del tutto casuale. Dati i loro compiti, esse dovevano essere in qualche modo partecipi della vita degli uomini per assimilarne i valori e diventarne le più fedeli trasmettitrici.

 

TEMPO LIBERO NELLA ROMA ANTICA

I  romani avevano l’abitudine di svegliarsi molto presto, quasi prima dell’alba.

Gli antichi romanidopo il risveglio mattutino, non avevano l’abitudine di dedicare molto tempo alla toeletta, a cui invece riservavano parte della giornata, di solito nel dopopranzo, recandosi alle terme. Le eccezioni a questi comportamenti erano rappresentate dai romani più ricchi che potevano disporre di piccole terme private in casa e di un barbiere domestico.

Il momento più atteso dagli antichi romani era sicuramente quello della cena, in quanto il pasto che noi oggi chiamiamo pranzo, era molto frugale e semplice. Spesso il divertimento nell’antica Roma, si concentrava sul momento della “Cenatio”, o banchetto, cioè l’attuale cena appunto, in quanto era un’occasione per stare insieme e, talvolta, per assistere a spettacoli culturali o di altra natura. Naturalmente il tipo di passatempi o di divertimenti cambiava a seconda della classe sociale delle persone; noti gli sfarzosi banchetti degli imperatori, a differenza delle umili cene della gente comune, entrambe le situazioni ricche però di chiacchiere e di buon vino, componenti fondamentali per il divertimento nell’antica Roma. Altro momento molto atteso nella vita degli antichi Romani, era quello dedicato alle Terme, che spesso precedeva la cena. Era infatti nei vari edifici termali, che i romani si incontravano per parlare e rilassarsi, dividendosi tra uomini e donne. Per quanto riguarda quest’ultime, oltre ad avere uno spazio termale ad esse dedicato, sappiamo anche che erano ammesse al banchetto romano, ma fino ad una certa ora, poiché quando nei banchetti più lussuriosi iniziavano gli spettacoli, dovevano ritirarsi con i bambini. Ancor prima delle terme, i medici consigliavano di fare attività fisica nelle palestre di allora, o nei così detti Spheristerium, adibiti al gioco con la palla: resa pesante da un’imbottitura di stoffa, la palla veniva poi usata per colpire l’avversario, cogliendolo di sorpresa. Un altro gioco diffuso con la palla, era una sorta di antenato del rugby attuale. E poi c’era il teatro, elemento di svago e divertimento per molti antichi romani, sia che si trattasse di farse o di satire, sia che lo spettacolo fosse una commedia o una tragedia. Grazie alla sua varietà, il teatro era infatti un tipo di intrattenimento culturale che poteva attirare i più sapienti e i non. Molto in voga tra i divertimenti dell’antica Roma, che ancora oggi sopravvivono, il gioco a dadi, o il filetto, e poi la morra, tutto eseguito con rudimentali oggetti preparati con i materiali disponibili. Tra i passatempi più amati dagli uomini, grandi e piccoli, la caccia, definito anche sport oltreché impegno fondamentale del padrone di casa, o dei servi se si trattava di un imperatore o di un personaggio importante, poiché era uno dei pochi mezzi di sussistenza per nutrire le famiglie. Le fanciulle preferivano invece di gran lunga la palla, difatti i giochi, come è ovvio che sia, si dividevano tra quelli per bambini, bambine e adulti. La tradizione non si è persa del tutto, ma i divertimenti non sono certo più gli stessi.

Numerose erano le occasioni per i romani di assistere nei giorni festivi a spettacoli in occasione di celebrazioni religiose . Ma oltre a quelle offerte in Roma dai Cesari vi erano poi quelle che si celebravano in campagna nei borghi contadini, le feste di quartiere in onore dei santuari locali, quelle dei nuovi culti, quelle delle corporazioni quelle militari e infine quelle che a sorpresa offriva la munificenza imperiale come i combattimenti di gladiatori che nel II secolo d.C. potevano durare mesi interi. Il valore che gli uomini attribuiscono al tempo varia anche a seconda del contesto culturale. In particolare il tempo dedicato al riposo e allo svago ha sempre ricevuto un’attenzione specifica nelle diverse epoche storiche. Nellantica Roma un’attività prediletta durante il tempo libero era quella del passeggiare. Perfino Seneca raccomandava di usufruire del tempo dedicato al riposo per fare lunghe passeggiate in mezzo alla natura, per ritrovare il vigore perduto. Le stesse ville di campagna che alcuni Romani avevano presentavano degli appositi percorsi che consentivano di passeggiare in mezzo al verde. Il momento della passeggiata era anche un modo per conversare amabilmente con i conoscenti o con gli ospiti. A tale scopo si potevano trovare in città anche portici e zone all’ombra da dedicare alle passeggiate, che costituiva un passatempo soprattutto per intellettuali e aristocratici. Anche il modo in cui gli uomini trascorrono il loro tempo libero è uno strumento importante per comprendere le abitudini e le caratteristiche essenziali di una comunità.

Team 1 (free time):Consiglio Erminia, Angiulli Stefano Maria, D’Anella Marialucia, Consiglio Natalia,Pinto Isabella